“Passi incontro a Gesù”
è il titolo del progetto pastorale della nostra parrocchia.
La parrocchia, ovvero una Chiesa di tutti, tra le case, sul territorio, vicina alla vita della gente
guidata dallo Spirito santo sui “passi dell’uomo” che cercano Dio
perché incrocino “i passi di Gesù” che cercano l’uomo.
La Parrocchia è una comunità in cammino sui passi di Gesù e sui passi degli uomini e delle donne che abitano questo territorio.
Questo progetto è frutto del lavoro di un anno del nuovo Consiglio Pastorale che si è incontrato per tre sere di studio nel settembre 2015 e una volta al mese nel 2016.
Abbiamo avvertito il bisogno di fare una sosta: di guardare indietro, di fare memoria del lungo e ricco cammino fatto dalla nostra parrocchia in tanti anni della sua vita per andare in avanti, per vedere quali passi fare, come quando uno in macchina è chiamato a fare un sorpasso.
Due sono le domande alle quali abbiamo cercato di rispondere:
1) Da dove veniamo? Dove siamo?
C’è una storia che ci precede, dalla quale siamo nati.
Una storia bella, lunga, una storia di fede, di santità che ha lasciato sul nostro territorio tanti segni belli: il Santuario, le diverse chiese, il seminario della Consolata, tante tradizioni, tante storie di santità, di cristiani fedeli e innamorati del Vangelo, tante vocazioni di servizio al Vangelo …… e tante altre cose che si potrebbero elencare…..
Sono quei segni che raccontano, ancora oggi, la storia della nostra parrocchia che siamo chiamati a ricordare, a leggere e rileggere. La nostra parrocchia deve essere ricca di memoria. Il territorio della parrocchia non è solo un luogo geografico, ma è una rete di tradizioni, di abitudini e di relazioni umane.
2) dove andare? Dove lo Spirito vuole condurre la nostra parrocchia?
Quali passi in avanti, dietro a Gesù siamo chiamati a fare perché questa chiesa continui ad annunciare la gioia del Vangelo alle persone, alle famiglie che vivono qui su questo territorio?
Ci siamo messi in ascolto della Parola di Dio, del magistero della Chiesa e del nostro Vescovo; ci siamo messi in ascolto del nostro territorio, delle persone del nostro territorio, delle famiglie, dei ragazzi, ….
così è nato il nostro progetto.
IL PROGETTO PASTORALE DELLA NOSTRA PARROCCHIA
1) L’OBIETTIVO DEL NOSTRO PROGETTO PASTORALE
Dice Papa Francesco: Si tratta di verificare che cosa e come di quel che è stato fatto fin qui debba proseguire, quanto invece sia diventato vecchio e inadeguato, quanto eventualmente non sia mai stato davvero cristiano, non abbia, cioè, espresso né identità, né missione cristiana.
Occorre non farsi prendere dall’ansia, ma farsi guidare da convinzioni chiare e tenaci e coltivare la pazienza del contadino.
Dice il Card. Martini: Siamo chiamati a riscoprire, rivivere e attualizzare il modo di vedere, giudicare e agire della Chiesa degli Apostoli e dei primi evangelizzatori: i loro atteggiamenti e le loro scelte, il loro amore per il Signore Gesù, la loro obbedienza al Padre, la loro docilità allo Spirito santo, la loro costante attenzione alla Parola, la carità creativa verso i fratelli, lo slancio missionario “
2) CHE COSA DOMANDA IL NOSTRO PROGETTO PASTORALE
Il progetto pastorale della nostra parrocchia domanda alcune cose precise:
*Vincere l’accidia, è quella serie di atteggiamenti che fanno volare basso o che tarpano le ali e che quindi sono molto pericolosi. Sono atteggiamenti che segnano un abbassamento di tensione e fanno vivere una comunità nella insignificanza, nella paura e nella pigrizia di scegliere, nell’indolenza, nell’accontentarsi del “si è sempre fatto così” ….
*Superare la frustrazione: è quell’atteggiamento che fa fare le cose di malavoglia, toglie la gioia, “dissecca le ossa” dice la Scrittura.
*Coltivare un rapporto vivo con il Signore: tante volte l’accidia e la frustrazione nascono da un legame poco vivo con il Signore, dal considerare il Signore passivo. Il Signore è vivo, risorto, guida e conduce la vita della comunità cristiana, intercede per noi, non sta a guardare con le braccia conserte, quasi che tocchi a noi fare tutto. Dobbiamo imparare ad ascoltare il Suo darsi da fare per noi.
*Ritrovare nella Pasqua il centro della vita della parrocchia: l’Eucaristia, prima di essere qualcosa che noi facciamo, prima di essere un’azione della Chiesa è la Pasqua di Gesù che ci raggiunge; è il Signore che dalla Croce ci attira o, meglio ancora, oggi, storicamente ci raggiunge.
* Ascoltare ciò che lo Spirito dice alla nostra Chiesa: è necessario metterci in ascolto dello Spirito per trovare le vie possibili del passaggio da un cristianesimo di massa e di tradizione, di rendita e di nostalgie a una cristianesimo consapevole e responsabile, generoso ed esigente nell’obbedienza al Vangelo, mite, cordialmente aperto a tutto ciò che è bello e al bene vissuto da ciascuno.
*Risvegliare l’entusiasmo: è qualcosa della ricchezza divina, del fuoco divino; è la partecipazione dell’uomo a quel modo di essere, infuocato e dinamico di Dio; è dono di Dio, per alimentarlo occorre nutrirsi di Dio, della sua Parola e dei suoi sacramenti.
*Lasciarsi guidare dalla compassione: la parola “compassione” letteralmente significa “soffrire insieme”, è la scelta di voler condividere il dolore, la fatica, la debolezza, la fragilità della gente. Nella parrocchia è importante condividere le situazioni difficili amando ancora di più la gente, trovando nuove forme per aiutarla, per soccorrerla, per metterla davanti a Dio chiedendogli di guarirla.
3) E’ LA PAROLA DI DIO A GUIDARE IL NOSTRO PROGETTO
È il racconto di Zaccheo ( Lc. 19,1-10) che ci fa da guida nel fare il progetto pastorale..
*Insieme a Gesù vogliamo attraversare la città, il nostro territorio, cercando di conoscere il volto, le caratteristiche, la gente, le famiglie, i ragazzi, i problemi, le fatiche, …della nostra parrocchia
*Insieme a Gesù vogliamo incontrare la gente, cercare di conoscere i desideri che sono nel cuore della gente: il desiderio di relazioni vere, la sete di Vangelo; il bisogno di vivere in una comunità fraterna… Dall’incontro con Gesù nasce la vita della comunità cristiana come luogo della fraternità, della condivisione, dell’amarsi gli uni gli altri come Gesù ha amato noi.
La comunità cristiana è una rete di relazioni fondate sul Vangelo, che si colloca in una società frammentata, dalle relazioni fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali. In tale società la comunità cristiana è “la città sul monte”, è il “sale della terra”, è “la lucerna sul lucerniere”, è “luce del mondo”. ( cfr. Mt. 5,13-16) (Martini)
*Insieme a Gesù vogliamo sederci al banchetto della sua Cena, ogni domenica. .Gesù viene nella nostra comunità, si fa incontro alla nostra comunità, ci cerca. Gesù ci cerca quando la nostra comunità si raduna per celebrare l’Eucaristia. L’Eucaristia è il centro della vita della comunità parrocchiale.
*Insieme a Gesù vogliamo sperimentare la gioia di vivere “l’oggi di Dio” “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc.19,9). “Oggi” è una parola ricchissima di significati. Ci dice che Dio è qui, che il Vangelo è Parola di Dio per oggi, per noi. È una Parola che rinnova la nostra vita, la conforma a quella di Gesù. L’incontro con Gesù cambia la vita; fa ritrovare la gioia di donarsi e di sognare.
4) LE CINQUE SCELTE PASTORALI DELLA NOSTRA PARROCCHIA
L’incontro con Gesù fa prendere coscienza alla nostra comunità delle scelte che è chiamata a fare, oggi, per raccontare con la sua vita la gioia del Vangelo a tutti quelli che bussano alla sua porta. Abbiamo individuato cinque scelte pastorali
1 La cura delle relazioni.
*Vogliamo fare della nostra parrocchia una comunità dal volto fraterno
Coltivare relazioni belle, fraterne, oggi è una sfida da affrontare.
Sul territorio, infatti, ci sono molti vicini, ma scarseggia il prossimo.
La Parrocchia deve prendersi a cuore e manifestare una cura particolare perché i vicini diventino “prossimi” e nessuno si senta lontano, anche se abita accanto.
Nel contesto di oggi segnato da un profondo individualismo che genera spesso solitudini di ogni genere, la comunità parrocchiale che si raduna per celebrare l’Eucaristia deve proporre la sfida delle relazioni; deve mostrare che è possibile vivere quella ricchezza di relazioni che danno senso alla vita.
La parrocchia ha il volto delle relazioni che cerca di coltivare e di vivere.
Tessere rapporti, coltivare relazioni è più gradito a Dio che avviare iniziative gloriose
L’uomo è le relazioni che ha, se le relazioni sono positive cresce, mentre se ha relazioni negative, ingannevoli, deperisce come persona. Se le relazioni sono riuscite, l’uomo è riuscito. Se sono bloccate, false distorte, l’uomo è bloccato, falso distorto.
Essere relazione autentica significa essere simili a Dio. Essere relazione falsa, sbagliata, pigra, non funzionante è peccato. Il peccato è tanto più grave quanto più è distruttiva una relazione. Il peccato è la non comunicazione, il tagliare le comunicazioni, è la solitudine (Card. Martini)
Una comunità parrocchiale è riuscita se vive relazioni belle, riuscite, fraterne …
*Nella parrocchia dobbiamo far cadere tutte le barriere tra uomo e uomo: non ci devono essere più i vicini e i lontani, i degni e gli indegni perché l’amore di Dio è gratuito, è rivolto a tutti, in nessun modo è condizionato dalle opere degli uomini, dall’appartenenza a un popolo anziché a un altro, dai nostri meriti, o dalle nostre conquiste.
Ogni persona va concepita come un dono gratuito, come un’esistenza regalata.
*La nostra parrocchia deve diventare una Chiesa che non fa discriminazioni; una Chiesa dal cuore tenero, di carne, non di pietra; una Chiesa non arcigna; una Chiesa che non esclude nessuno; una Chiesa che non giudica mai nessuno; una Chiesa che fa crollare tutti gli steccati; una Chiesa che fa sentire tutti a casa e nessuno straniero; una Chiesa il cui cuore si allarga sempre di più e va alla ricerca di quelli che si sono perduti.
La nostra parrocchia deve diventare una Chiesa dove vince l’accoglienza sull’indifferenza, l’ospitalità sull’ostilità, la fiducia sulla chiusura, il rispetto sul sospetto, la cordialità sul distacco, l’incanto sul disincanto, la misericordia sul giudizio.
La nostra Parrocchia deve diventare una Chiesa dove vince sempre l’incontro, perché la vita è l’arte dell’incontro. La Parrocchia è il luogo delle relazioni; la fede è relazione.
*Compito della nostra parrocchia è quello di contribuire a costruire un territorio più riconciliato, più accogliente, più solidale; un territorio che non mette ai margini i soggetti deboli.
Concretamente la nostra parrocchia sul territorio è chiamata a coltivare diversi tipi di relazioni: relazioni fraterne con tutti, relazioni di carità e di servizio verso i piccoli e i poveri; relazioni di riconciliazione, di perdono e di pace dove c’è divisione, invidia, cattiveria...; relazioni educative nei confronti dei ragazzi, dei preadolescenti, degli adolescenti, dei giovani…; relazioni di corresponsabilità perché il Vangelo compia la sua corsa….
L’annuncio del Vangelo domanda un contesto di grande umanità,
Il seme della Parola deve cadere in un terreno buono, cioè in un contesto dove tutti sono accolti, dove nessuno è lasciato da parte, dove si crede che nessuno sia irrecuperabile.
Chi viene nella comunità deve respirare, sentire, toccare con mano un clima di umanità negli incontri, nella liturgia ( Messa, funerali, Battesimi, matrimoni ….), nelle varie iniziative, nei momenti di festa
2. L’Eucaristia al centro della vita della parrocchia
*L’Eucaristia è il centro della vita della comunità parrocchiale e della sua missione; è il momento più alto della vita della parrocchia; è il momento in cui la parrocchia ritrova se stessa attorno al suo Signore.
Dobbiamo superare una concezione privata, e ricuperare il senso comunitario della celebrazione dell’Eucaristia: è qui che nasce la vita della parrocchia ed è da qui che riparte la vita della parrocchia.
Nella celebrazione Eucaristica Gesù viene si fa incontro alla nostra comunità, ci cerca.
L’Eucaristia prima di essere qualcosa che noi facciamo è la Pasqua di Gesù che ci raggiunge, che ci cerca; è il Signore che dalla Croce ci attira o, meglio ancora, oggi, storicamente raggiunge tocca, prende, afferra la nostra comunità, la plasma con il suo amore gratuito; fa della nostra comunità il suo Corpo che vive nella storia. L’Eucaristia è il segno più grande dell’amore gratuito di Dio
*L’Eucaristia è il pane quotidiano, il pane del cammino: è il nutrimento necessario in ogni stato di vita e in ogni itinerario vocazionale. Nutrendoci di questo pane, siamo attratti sempre più nella logica di Gesù; siamo chiamati a imparare, a pensare, ad agire e ad amare secondo i criteri dettati dallo Spirito di Gesù; siamo chiamati a fare crescere in noi la gioia di essere figli di Dio e di appartenere alla comunità cristiana dove ci si chiama fratelli.
*L’Eucaristia fa la Chiesa, fa dell’umanità un popolo nuovo, secondo il disegno di Dio, secondo il pensiero di Cristo I cristiani pienamente uniti a Gesù nell’Eucaristia sono per ciò stesso, strettamente uniti tra di loro e costituiscono il Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Noi siamo tanto più chiesa quanto più partecipiamo all’Eucaristia.
La comunità parrocchiale diventa il Corpo del Signore nell’Eucaristia.
*La vita della comunità parrocchiale deve avere al centro l’Eucaristia della domenica.
La comunità parrocchiale deve mettere al centro della sua vita e della sua missione l’Eucaristia della domenica. I cristiani devono tornare ad affermare con convinzione, come dicevano i primi cristiani: “Non possiamo vivere senza l’Eucaristia domenicale” Dobbiamo essere consapevoli che, se custodiamo la domenica con al centro la celebrazione dell’Eucaristia, la domenica ci custodirà anche nelle situazioni meno positive che possiamo incontrare nella nostra vita cristiana.
*L’Eucaristia della domenica va celebrata bene in tutti i suoi momenti ( canti, letture, preghiere, gesti, silenzio....); deve diventare il momento più importante della vita della Parrocchia.
La Parrocchia è una Chiesa dove Dio è il Dio vicino, il Dio che dimora tra noi: qui lo sentiamo presente; qui lo invochiamo, lo ringraziamo; qui lo perdiamo e lo ritroviamo sempre nell’abbraccio del suo perdono; qui possiamo continuare a camminare con la forza del suo Pane e la luce della sua Parola.
L’esperienza insegna che dietro un imperfetto celebrare c’è un vivere anch’esso imperfetto. Se l’Eucaristia è il centro della comunità, essa ne diviene anche lo specchio...” ( C. M. Martini)
3. L’impegno della formazione
La Parola di Dio è qualcosa che ci supera da ogni parte, ci avvolge e ci sfugge, se tentiamo di afferrarla. Noi siamo nella Parola di Dio, essa ci spiega e ci fa esistere. ….
È stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita. è in questa Parola che il nascere e il morire, l’amare e il donarsi, il lavoro e la società hanno un senso ultimo e una speranza…. Accogliere la Parola significa credere. L’uomo si realizza nel credere …
L’uomo è fatto per accogliere la Parola, l’uomo è capace di accogliere la Parola, l’uomo fruttifica in misura della sua accoglienza della Parola. Soltanto dall’abbondante seminagione della Parola è possibile sperare il frutto. Non esiste nessuna persona che sia per natura del tutto impenetrabile alla Parola. (Card. Martini)
*La comunità cristiana è il luogo dove si legge la Parola di Dio, dove si narra la storia di Gesù.
Il cristianesimo è un “lieto evento”: non va ridotto a una dottrina, né a una morale, per questo va raccontato più che insegnato. Nella comunità cristiana occorre raccontare la storia di Gesù, quello che Lui ha fatto e quello che Lui ha detto, perché lo si conosca, si creda in Lui, lo si segua.
Nella comunità cristiana la storia di Gesù va narrata sempre a tutti, ai piccoli e ai grandi.
*La Parola di Dio è il vero protagonista della azione pastorale della parrocchia.
La storia di una comunità è innanzitutto e soprattutto la storia della semina abbondante e ripetuta della
Parola di Dio e della cura affinché la Parola trovi le condizioni per essere accolta e portare frutto.
Siamo fatti per accogliere la Parola.
*La comunità cristiana riconosce il primato e la principalità della Parola di Dio,
riconosce che essa è attiva fin dalle origini del mondo, raggiunge e interpreta i vari momenti della vita e della storia. La Parrocchia deve far risuonare il Vangelo, deve dare carne al Vangelo, far sentire il Vangelo capace di abitare la vita, i bisogni e gli interessi di tutti, perché il Vangelo dimora stabilmente nella parrocchia. La Parola di Dio deve mettere radici nel “cuore”, cioè nell’intimo delle persone, nel luogo dove si prendono decisioni profonde e veramente umane.
Il vero cammino cristiano è un cammino di interiorità e di convinzioni, non solo di gesti e di abitudini.
La Parrocchia che annuncia la Parola deve coltivare con coraggio uno stile evangelico di vita.
E’ lo stile che Gesù propone ai suoi discepoli inviati sulle strade del mondo.
*La nostra parrocchia deve avere a cuore la formazione delle persone: deve offrire momenti precisi di formazione e di crescita nella fede per tutti, perché, chi lo desidera, non debba cercare altrove quello che è necessario per una vita cristiana a pieno titolo.
Se per essere cristiano bisogna cercare una fonte spirituale lontano dalla vita ordinaria, quotidiana, fuori dalla parrocchia, allora la fede diventa un privilegio di pochi e una occasione perduta per i più.
( Cfr. il Calendario degli incontri della parrocchia, la scuola della parola ogni primo giovedì del mese, la catechesi ogni terzo giovedì del mese, gli esercizi spirituali ogni inizio di anno pastorale …)
Nella nostra comunità parrocchiale dobbiamo portare avanti con fedeltà, con impegno i momenti di formazione. La Parola di Dio deve mettere radici nel cuore, cioè nell’intimo della persona, nel luogo della sue decisioni più profonde. Il vero cammino cristiano è un cammino di interiorità e di convinzioni, non solo di gesti e di abitudini. I gesti, le abitudini, le tradizioni sono utili se nascono da convinzioni interiori.
Senza una libera convinzione interiore non c’è cristianesimo..
E. Bianchi dice: Spero che i cristiani nella parrocchia abbiano queste cose:
1) un luogo in cui crescono in una vera formazione cristiana, cioè un giorno, una sera la settimana, in cui si ritrovano attorno alla Parola di Dio, e che possano crescere, essere cristiani adulti, maturi
2) che poi si ritrovino tutti la domenica per l’Eucaristia dove la comunione non è solo con il Corpo del Signore, morto e risorto, ma anche appartenenza comunitaria
3) poi, chiederei che trovino un momento al giorno per pregare nella maniera che suggerisce il Signore, ricordando che la preghiera ha una fonte che è l’ascolto della Parola contenuta nelle Scritture.
E poi nient’altro.
*Una attenzione particolare va data alla famiglia. Oggi la famiglia è dispersa, è fragile, spesso assente. Il matrimonio è una relazione d’amore, ma, come tutte le relazioni d’amore, pur essendo l’esperienza più bella che uno può fare nella sua vita, tuttavia è un’esperienza minacciata: l’amore può finire; la gioia è sempre a rischio …Occorre riflettere seriamente sulla famiglia, oggi, va fatto un lavoro di accompagnamento, in profondità, nessuno ha le soluzioni in tasca, la famiglia deve stare nel cuore della comunità. (La cura degli incontri dei genitori e la cura della preparazione alla matrimonio)
4. La preoccupazione educativa: la comunità educante
*Il discorso educativo è faticoso, perché, oggi, è molto trascurato, anzi sembra assente, non interessare … Più che di educare si è preoccupati di divertire. La Messa della domenica, l’oratorio non sono frequentati, non sono presi in considerazione. Oggi c’è molto individualismo. I ragazzi sono spesso soli, sono abbandonati a loro stessi; non sono seguiti. Il discorso dell’educazione religiosa non è visto come importante per la vita e la crescita dei ragazzi. C’è molta indifferenza.
Quando va bene c’è il catechismo dell’iniziazione (quello dei preadolescenti è parecchio disertato) , ma fatica molto a lasciare traccia nella vita perché è il più delle volte un catechismo senza Messa, senza oratorio, senza una vita di gruppo, senza niente .. dove, normalmente la famiglia non segue quanto viene fatto. Questa può sembrare una lettura un po’ pessimista della situazione, ma è importante non chiudere gli occhi e guardare in faccia alla realtà, non illuderci e non colpevolizzarci inutilmente, ma renderci conto che oggi siamo chiamati a non scoraggiarci, e neanche a scendere a nessun compromesso, ma a prendere coscienza che possediamo, perché ci è stato dato, il seme buono del Vangelo: a fare affidamento su questo, a gettarlo con abbondanza a piene mani,( questa è la fatica da fare,) e a badare di meno ai frutti, ai risultati.
*La comunità educante è lo strumento che l’Arcivescovo ci ha consegnato per portare avanti l’impegno di educare. La nostra comunità ha cercato di dar vita alla comunità educante. Ci si incontra regolarmente una volta al mese.
L’oratorio deve diventare sempre più il luogo nel quale la parrocchia educa attraverso la comunità educante.
È necessario centrare l’attenzione, dare visibilità e sostanza alla comunità educante.
Nessuno diventa cristiano da solo e nessuno può continuare a essere cristiano
se non condivide la sua fede e la sua vita insieme agli altri.
Solo in una comunità concreta e visibile, si può diventare grandi
e sperimentare la bellezza esigente e consolante del Vangelo
( Card. A. Scola)
La nostra comunità educante ha elaborato un piccolo progetto educativo e sta cercando di portarlo avanti.
Ecco alcuni punti del progetto educativo della nostra parrocchia
1. Puntare sulle relazioni, più che sugli eventi.
Tessere rapporti è più importante che compiere grandi imprese. Coltivare insieme una coscienza educativa è più promettente che potersi vantare di risultati ottenuti. Tessere rapporti è più gradito a Dio e più efficace che avviare iniziative che attirano. Ecco l’impresa che ci aspetta: favorire gli incontri, la conoscenza, la condivisione per la passione educativa. Coltivare un tessuto comunitario che ha il suo centro nella Messa alla quale è importante trovarsi insieme.
2. Essere fedeli al pensiero di Cristo
Essere fedeli al pensiero di Cristo è più importante che cercare di non scontentare nessuno.
L’oratorio è chiamato ad accompagnare alla bellezza di conoscere Gesù e il suo Vangelo. È importante non scendere a compromessi, non agire per attirare, ma per servire il Vangelo. La regola del Vangelo è più utile alla vita che tante parole o iniziative che illudono. L’oratorio deve ritrovare il suo volto, perché l’oratorio ha un volto , non deve scimmiottare nessuno, né entrare in competizione con nessuno, né correre dietro alle attese del momento
3. Introdurre nella vita della comunità cristiana
Non basta un/a catechista che sappia fare un bel discorso, perché l’educazione cristiana non si può ridurre a una lezione da spiegare .Serve una comunità di persone che, vivendo la vita cristiana così come sono capaci, la rendano bella, desiderabile. Un bel discorso non convince nessuno se non esprime la vita di una comunità che meriti di essere condivisa.
E’ necessario dare forza a un discorso comunitario, superare la logica e la chiusura dei vari gruppi, lavorare insieme, condividere insieme valori, proposte, impegni, attività, oratorio, non solo quello che piace. Fare solo quello che piace crea solitudine
4. Avere cura degli spazi
Occorre rendere gli spazi, soprattutto dell’oratorio, accoglienti, educativi. Non è che in oratorio si possa fare di tutto e di più. Lo spazio dell’oratorio non è per ogni cosa, richiede alcune attenzioni perché non perda la sua fisionomia educativa
5. Dare importanza al tempo.
Occorre tenere in grande considerazione il tempo, occorre credere nel tempo. Noi cresciamo nel tempo; il discorso educativo ha bisogno di tempo per crescere e portare frutto. Occorre offrire una continuità accompagnando il cammino educativo. È grazie alla ripetizione che noi apprendiamo. Da un punto di vista educativo non ci si può limitare a iniziative episodiche.
*Occorre ricordare la necessità di una formazione permanente per chi entra a far parte della comunità educante. Educatori non ci si improvvisa e nessuno può mai ritenersi arrivato.
La comunità educante deve diventare un luogo dove la parrocchia forma i suoi educatori.
Occorre credere in questo strumento e ritenerlo assolutamente necessario, altrimenti il discorso educativo della parrocchia perde di qualità cristiana e i nostri ambienti diventano qualunquisti, buoni per tutti e per nessuno.
5. Al di sopra di tutto ci sia sempre la carità
*La carità della Parrocchia nasce ed è alimentata dall’Eucaristia celebrata e conservata nella chiesa. Nella nostra parrocchia c’è il gruppo Caritas il cui compito non è principalmente quello di fare la carità, ma di educare, animare, far crescere la carità nella comunità, perché è tutta la comunità che deve vivere e testimoniare la carità. Nella Comunità parrocchiale la carità non va delegata a nessuno.
*La carità della parrocchia che nasce dall’Eucaristia ha quattro caratteristiche:
1) L’Eucaristia dice che la carità della comunità parrocchiale è l’atteggiamento di coloro che si sono lasciati attrarre da Gesù. Prima di essere un’opera o un’iniziativa, la carità è un clima spirituale che si deve respirare nella comunità, un insieme di atteggiamenti, di modi di fare accoglienti, rispettosi, che devono mettere a proprio agio … non giudicanti, non invidiosi, misericordiosi, accoglienti …
2) L’Eucaristia dona alla comunità parrocchiale la consapevolezza che la carità è la sua arma vincente. In tutte le situazioni ciò conta è amare, condividere. Anche se tante situazioni non si possono risolvere, la carità vale per se stessa, anche se persistono le difficoltà. La carità comunque è vincente, anche nella sconfitta, come vincente è stata la croce di Gesù che è sfociata nella Risurrezione.
La carità che nasce dall’Eucaristia ha le caratteristiche della Pasqua, cioè si impegna a fondo di fronte alla sofferenza, ma sa che la vittoria ultima sul male è dono che viene direttamente dal cuore del Padre. Allora, pur impegnandosi e tendendo a ottenere dei risultati, è necessario credere che l’impegno della carità vale per se stesso, anche se le difficoltà rimangono e i frutti non si vedono. La comunità parrocchiale riceve dall’Eucaristia un messaggio di speranza che la deve rendere incrollabile anche di fronte alle sconfitte.
3) L’Eucaristia dice che la carità della comunità parrocchiale deve rivolgersi di preferenza a coloro che Gesù ha maggiormente amato, stare dalla parte dei poveri, degli ultimi, cercare ogni persona che soffre per qualsiasi motivo, ogni malato, emarginato, drogato, immigrato …. per cercare di far nascere un germe d’amore e per assicurarlo che, se riesce a credere all’amore e a vivere nell’amore, ha trovato la salvezza.
4) L’ Eucaristia invita la carità della comunità parrocchiale a cercare le forme sempre nuove di povertà materiale e spirituale. La carità della parrocchia deve mettersi subito in moto ogni volta che qualche nuovo bisogno urgente bussa alla sua porta.
*La carità della parrocchia domanda che venga coltivata la spiritualità del servizio
L’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità perduta è la ‘porta del servizio’.
Solo se avremo servito, potremo parlare ed essere creduti. (T. Bello)
*Servire è prendere come esempio Gesù: Io sto in mezzo a voi come colui che serve ( Lc. 22,27)
*Servire è venire incontro alle necessità corporali dei fratelli: se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? (1 Gv. 3,17) Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.. ( Mt. 25,35)
*Servire è donare il perdono largamente: Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù: non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. (Mt.18,21-22)
*Servire è fare correzione fraterna con franchezza e con dolcezza. E’ un servizio cristiano molto importante: si è spesso tentati di trascurarlo, perché è più facile fare qualsiasi altro servizio che correggere. Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello ( Mt. 18,15
*Servire è vivere l’amore vicendevole. Come vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri. (Gv 13,34-35)
L’essere cristiani non è caratterizzato dall’andare a Messa la domenica, ma dal vivere per gli altri, fondato sul fatto che si va a Messa alla domenica. Non vive dell’Eucaristia se non chi dona corpo e sangue per i fratelli come Gesù.
La Chiesa non ha altro modo di essere nella società: la sua ambizione è di servire, a partire dagli ultimi. Perché questo desiderio rimanga sempre nella sua incandescenza, occorre mettersi alla scuola dei poveri, dei più poveri, stare con loro, condividere il più possibile con loro. (C.M. Martini)
5) LE CINQUE PAROLE PER DIRE IL VOLTO DELLA NOSTRA PARROCCHIA
Il volto della nostra parrocchia può essere descritto da cinque parole da ricordare, cioè da mettere nel cuore. Sono cinque parole che hanno guidato la vita di Gesù; e che vogliamo far risuonare sempre nella vita della nostra comunità.
*la sequela, la compagnia di Gesù. La comunità parrocchiale nasce e vive dal rispondere alla chiamata di Gesù, dall’ascoltare la sua Parola, dal seguirlo. Seguirlo vuol dire andargli dietro. È Lui che traccia la strada, è Lui che indica il cammino. La comunità cristiana nasce unicamente perché ciascuno sceglie di seguire Gesù.
Non dobbiamo dimenticare che prima siamo cristiani e poi fratelli: è perché diciamo di sì alla chiamata di Gesù e ci mettiamo alla sua “sequela” che diventiamo una comunità.
Se si spegnesse la passione di conoscere e di seguire Gesù, la comunità cristiana finirebbe.
Allora se vogliamo che la parrocchia come comunità cristiana esista, non dobbiamo mai smettere di riascoltare la chiamata di Gesù e metterci alla sua sequela, di sentirci discepoli di Gesù
Non è su altre cose che nasce e vive la comunità parrocchiale
*La strada, in cammino. La comunità parrocchiale deve seguire Gesù sulla strada. Gesù vive sulla strada. Per seguire Gesù bisogna andare: se si sta fermi, egli è già andato. La comunità parrocchiale non può stare rinchiusa nel tempio o nella proprie strutture. Camminare sulla strada: la missione è parte essenziale della sequela. La comunità cristiana cammina sulla strada perché vuole stare tra la gente, aperta e attenta al territorio.
Ci sono i momenti dell’intimità, della solitudine, della preghiera… ( anche Gesù trova il tempo di salire sul monte per mettersi in comunicazione con Dio Mc.1,35).Ma questi momenti non sono fine a se stessi, sono in funzione dell’essere tra la gente, tutta la gente, la gente qualsiasi. È gente non sempre esaltante.
È una folla di zoppi, ciechi, indemoniati, peccatori….
È la folla che Gesù raduna, di fronte alla quale noi dobbiamo presentare il suo volto.
La comunità parrocchiale non può accontentarsi di pregare, di fare i riti, di organizzare le fede,….
La comunità parrocchiale deve camminare dietro a Gesù verso la Croce, meglio verso la comprensione della croce. E’ un cammino per imparare ad amare, a servire, a diventare liberi perché la libertà sta nel donarsi, non nel conservarsi, sta nell’appartenere totalmente a Gesù e non appartenere a troppe cose.
È un cammino che domanda la semplificazione dei nostri desideri.
Il grande desiderio della comunità parrocchiale è racchiuso nel “Padre nostro”: è “la domanda del Regno”.
Il Regno cioè la gioia del Vangelo di Gesù va annunciato a tutti.
*L’Ultima Cena, la celebrazione dell’Eucaristia. È il momento in cui la comunità parrocchiale si raccoglie insieme e fa memoria della Pasqua di Gesù. Gesù ci raggiunge con la sua Pasqua. Gesù è fra noi, seduto alla nostra stessa mensa.
Ciò che sorprende è che alla Cena eucaristica si fa presente un Dio che si è donato a noi, che ha vissuto secondo la logica dell’amore, che ha amato soprattutto il piccolo, il povero, lo sbandato, lo straniero, l’immigrato. il peccatore.
Il “pane spezzato” mostra il vero volto di Dio, dice la logica della sua esistenza: Lui vive “per”.
È con questo Dio che la comunità parrocchiale fa comunione nella cena eucaristica.
È questo Dio che la comunità parrocchiale è chiamata a rendere presente con la sua testimonianza
La comunità cristiana non è una comunità di “campioni”, di “bravi”, di coloro che si pensano giusti, che arrivano un quarto d’ora prima al traguardo della gloria di Dio, ma una comunità capace di arrivare un quarto d’ora dopo, ma insieme a tutti. Alla cena eucaristica si ritrova non tanto il singolo che fa le sue preghiere, ma una comunità fraterna, accogliente.
*Nel mondo, la missione. Gesù dice ai suoi discepoli, dopo la sua risurrezione: “Sarete miei testimoni fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20). Negli Atti degli Apostoli leggiamo che Pietro in casa di Cornelio capisce che “Dio non fa preferenze di persone” (At. 10,34).
La comunità parrocchiale non importa se piccola, non importa se ha tanti difetti, l’importante che abbia imparato a non fare differenze, a preoccuparsi di tutti, a non dimenticare nessuno, ad avere il cuore aperto a tutti e a tutto il mondo. La parrocchia deve essere testimone dell’amore gratuito di Dio.
Essere testimoni della gratuità può infastidire. Il mondo non si riconosce nella gratuità. Il mondo si riconosce nella sopraffazione, nell’approfittare, tuttalpiù in una giustizia alla pari. Gesù è stato crocifisso, perché ha parlato di un Dio totalmente gratuito: un Dio che dà agli operai dell’ultima ora, la stessa paga dei primi (Mt.20,1-16). Se la comunità cristiana è diversa dal mondo è perché vive dell’amore gratuito.
*Il Crocifisso. “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” ( Gv. 12,32)
In questa affermazione c’è dentro la croce, la risurrezione, la missione, la comunità che si fa non perché le persone si mettono insieme fra di loro, ma perché le persone più svariate, più disperse, …. vedono il crocifisso, si lasciano attrarre e vogliono raggiungerlo.
Se il Cristo attira tutti a sé sulla Croce è perché questa croce è alta.
La Chiesa è la comunità di coloro che tengono alto il Crocifisso.
Tenere alto il Crocifisso per la comunità cristiana vuol dire cogliere un duplice capovolgimento:
Forte di questo duplice capovolgimento la comunità parrocchiale diventa il racconto di Gesù al mondo.
Nella comunità cristiana non bisogna fare troppe cose, ma una cosa non va tralasciata: tenere alto il Croci fisso con le parole e con la vita.
Come conclusione: un gesto di Gesù e una parola di Gesù.
1). Il gesto di Gesù è la lavanda dei piedi ( Gv. 13,1ss): è un Gesù che non si fa lavare i piedi, ma si alza da
tavola, si mette il grembiule, prende il catino e lava i piedi. È l’immagine della comunità parrocchiale. La parrocchia deve diventare il luogo dove ci si lava i piedi gli uni gli altri
2) La parola di Gesù è il suo comandamento: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” ( Gv. 13,34)
C’è una solidarietà, una fraternità, una compagnia nella Chiesa. Chi la garantisce è il “come io ho amato voi”. Nel senso che noi riusciamo a volerci bene fra di noi perché Lui ama noi, ma anche nel senso della gratuità, perché il “come io ho amati voi” è la croce, amore che si dona gratuitamente.
Questa è la Chiesa, questa è la comunità cristiana
6) IL PROGETTO PASTORALE DOMANDA LA COLLABORAZIONE DI TUTTI
Tutti i gruppi parrocchiali , tutte le commissioni pastorali devono trovare una unità di intenti attorno al progetto pastorale. Nessun gruppo parrocchiale deve sentirsi al di fuori del progetto pastorale e andare per suo conto.
Il progetto pastorale impegna a superare tutte le divisioni che possono esistere tra i vari gruppi che ci sono in parrocchia e ritrovare una collaborazione, perché tutti, secondo la loro specificità, contribuiscano a raggiungere gli obiettivi del progetto pastorale.
Facciamo qualche esempio:
*La comunità educante deve studiare e dare concretezza a quella parte del progetto che parla dell’educare, dell’oratorio .. e aiutare tutta la comunità parrocchiale a vivere concretamente un’attenzione educativa, a credere nell’oratorio, e a sostenere le diverse iniziative dell’oratorio
*Il gruppo liturgico deve prendersi a cuore quella parte di progetto che parla della preghiera, della celebrazione liturgica e aiutare tutta la comunità a celebrare bene, a pregare bene, a cantare bene, perché dietro un celebrare bene c’è un vivere bene.
*Il gruppo missionario deve aiutare tutta la comunità ad essere missionaria, ad essere una chiesa in “uscita”, sulla strada, aperta al mondo
*Il gruppo caritas deve avere a cuore che tutta la comunità viva la carità, l’attenzione ai poveri, faccia opere di promozione ( laboratori vari e laboratorio compiti…), non deve essere un gruppo al quale si delega la carità della parrocchia
*Il gruppo dei volontari, una realtà presente, e molto bella, deve aiutare la comunità a vivere e a coltivare la gratuità, il servizio, la disponibilità … perché ciò che più stupisce del Vangelo è l’amore gratuito
*La commissione affari economici deve vivere una attenzione perché la parrocchia amministri bene i suoi beni e abbia cura della sue strutture perché siano realmente al servizio dell’evangelizzazione e non ci siano altri fini…..
*Compito del Consiglio Pastorale è quello di vigilare che il progetto pastorale non rimanga solo e sempre sulla carta; di tenerlo aggiornato, perché il progetto pastorale non è mai definitivo, ma deve rispondere a una situazione che è in continuo cambiamento. Il progetto deve fare da punto di riferimento dei diversi gruppi parrocchiali perché nessuno vada per suo conto e perché si superino tutte le divisioni che nella parrocchia sono sempre in agguato.
È ritrovandosi tutti e collaborando tutti insieme a mettere in pratica, secondo la specificità di ognuno, il progetto pastorale che costruiremo una comunità bella, unita, ricca dei doni di ciascuno.
La Parrocchia, oggi è quello che Gesù chiamerebbe piccolo gregge, minuscolo seme, pugno di lievito…. È alla piccolezza e inadeguatezza che viene offerta la gioia del Vangelo: piccolissimo è il granello di senape gettato nella terra, poca cosa è il pugno di lievito nascosto nella pasta, insignificante il piccolo gregge di fronte alle mandrie sterminate Eppure anche la pochezza umana e l’apparente insignificanza storica, possono diventare albero frondoso, far fermentare una massa, rallegrare un pascolo … ( C. M. Martini)