16 marzo 2017
Che cosa dice Gesù alla sua Chiesa
La visita del Papa
Ci stiamo preparando ad incontrare il Papa.
Dice il Card, Scola: Il Papa viene a confermarci nella fede e dell’amore.
Il Papa non si stanca di annunciare, con gesti prima che con le parole, una Chiesa estroversa, instancabile nell’andare incontro ad ogni donna e ogni uomo; di insistere sull’abolizione del criterio di esclusione a tutti i livelli, sul superamento di quello che lui chiama cultura dello scarto”.
“Non c’è più né ebreo né pagano, né uomo né donna, né chiavo né libero, perché tutti siamo uno in Cristo Gesù” ( Gal. 3,28).
Quale sarà il messaggio del Papa?
Il Papa ci sorprende sempre, ma alcune sue espressioni sono entrate nel vocabolario della Chiesa. Una di queste è l’invito ad essere una “Chiesa in uscita”, cioè una Chiesa che non rimane chiusa in se stessa o nel tempio, ma una Chiesa che sente il dovere di essere ospitale, paziente, longanime, lungimirante; una chiesa che non si arroga il giudizio definitivo sulle persone, sulla storia che spetta soltanto a Dio; una chiesa le cui porte non si chiudono a nessuno che chieda sinceramente asilo. ( Card. Martini)
Dice il Papa nell’esortazione apostolica Evangelli Gaudiun n. 49: Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita, sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze …
Più che la paura di sbagliare spero ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata di Gesù che ci ripete senza sosta. “voi stessi date loro da mangiare” Mc. 6,37).
È Gesù a inviare i suoi discepoli nel mondo verso le periferie geografiche ed esistenziali, a vivere l’esistenza come mandati.. Lui stesso è il primo ad essere in costante uscita da sé verso gli altri, verso di noi.
Nessuno di noi, allora, è fatto per stare chiuso in se stesso.
Gli occhi sono fatti per guardare il volto di chi ci sta di fronte. “Molti tentano di fuggire dagli altri verso un comodo privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi e rinunciano al realismo della dimensione sociale del Vangelo ….. Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua Incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza. (E.G. n. 88)
Che cosa dice Gesù alla sua Chiesa?
Proviamo, ora, a domandarci: che cosa dice Gesù alla sua Chiesa?
Nel Vangelo di Matteo al cap: 18 troviamo il discorso di Gesù alla Chiesa.
Gesù dice ciò che è essenziale per la vita di una comunità cristiana.
È il quarto dei cinque grandi discorsi di Matteo: il primo sottolinea gli atteggiamenti interiori per entrare nel Regno, il discorso della montagna (Mt.5-7); il secondo parla della missione che diffonde il Regno, il discorso missionario ( Mt.10); il terzo evoca le difficoltà nell’interpretare il Regno, spiegate attraverso le parabole, il discorso in parabole ( Mt. 13); il quarto (riguarda la comunità, il discorso sulla Chiesa (Mt.18) : è come un punto di arrivo, anche se il quinto, il discorso escatologico (Mt.24-25), parla dell’ultima conclusione del Regno con il ritorno del Signore, perché ci dice come il Regno, annunciato nel discorso della montagna, diffuso con il discorso della missione, spiegato con le parabole, si realizza nella comunità, comunità dei piccoli, dei semplici, degli umili, dei poveri. Il cap. 18 del Vangelo definisce i tratti della vera comunità di Gesù.
Nel leggere Mt. 18 ci lasciamo guidare da alcune domande:
che cosa è essenziale fare nella Chiesa? Quando la Chiesa è veramente tale? Quando costruiamo la Chiesa di Gesù e non un’altra cosa? Ciò che stiamo facendo, ciò che stiamo proponendo è davvero secondo il Vangelo? Non stiamo per caso tradendo il mandato di Gesù? Non corriamo il rischio di trascurare l’essenziale?
Il capitolo 18 del Vangelo di Matteo è piuttosto lungo.
Noi lo divideremo in due momenti:
questa sera guarderemo ai primi 10 versetti, dove si parla dei piccoli, perché la Chiesa parte dai piccoli
la prossima volta guarderemo gli altri versetti: i versetti 10-14 dove si parla della gioia che nasce nella Chiesa quando si ritrovano le pecore smarrite e i perduti sono ritrovati; i versetti 15-20 dove si parla del tema della correzione fraterna, del modo come in una comunità si vivono i dissidi interni. Gesù sapeva che non esiste una comunità senza litigi interni; i versetti 21-35 dove si parla del perdono incondizionato: perdonare settanta volte sette è la regola fondamentale della comunità dei discepoli.
Leggiamo Matteo 18, 1-10.
Che cosa dice questo brano?
Tutto comincia con la domanda dei discepoli: Chi dunque è il più grande del Regno dei cieli?
È una domanda suscitata certamente dalla vanità e dall’ambizione dei discepoli, però è anche una domanda non completamente sbagliata, perché in ogni comunità c’è un referente, un responsabile, ci sono quelli che contano.
Chi conta in una comunità cristiana?
Gesù compie un’azione simbolica,( v.2) profetica, che introduce tre detti.
1) Primo detto: in silenzio chiama un bambino e lo mette in mezzo, poi dichiara (v. 3): se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno.
Gesù non dà una risposta diretta alla domanda, ma risponde con un imperativo, con un comando: se non vi convertite, se non diventate come questo bambino, non potete entrare nel Regno-
Questo primo detto esprime una condizione generale del cristiano: farsi come bambino. . Poi spiega (v. 4) che chiunque si farà piccolo, cioè si abbasserà come il bambino sarà il più grande nel Regno.
Gesù dice che il più grande nella comunità è il bambino.
È una risposta provocatoria, controcorrente. Gli apostoli si aspettavano altri nomi Pietro, o Giacomo, o Giovanni …, invece è un bambino sconosciuto.
La somiglianza col bambino che il discepolo deve fare propria non è una qualità spontanea, ma è unicamente possibile nella conversione, fa parte di quel radicale cambiamento della mentalità, del comportamento che è appunto la conversione evangelica. Il più grande allora è chi si fa piccolo..
Il più grande è chi è privo di grandezza, chi non conta, chi serve.
Se si vuole contare nel Regno occorre diventare piccoli, mettersi in atteggiamento di servizio.
2) Segue il secondo detto: i piccoli che vanno accolti e difesi.
Chi accoglie anche uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me. (v.5) e nel v.6 pronuncia una parola terribile: chi scandalizza, fa cadere, fa perdere la fede o comunque fa peccare anche uno solo di questi piccoli che credono in lui, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata d’asino e gettato negli abissi del mare.
Gesù mite ed umile di cuore che non grida in piazza e non spegne il lucignolo fumigante fa una affermazione terribile e fortissima che addirittura prevede una morte atroce, di annegamento lento, per chi commette il peccato di scandalizzare, di essere di inciampo ai piccoli.
Scandalo è un vocabolo dai molti significati.
Può indicare una buca nella quale si inciampa e si cade, oppure una trappola.
A livello etico e religioso dare scandalo significa porre ostacolo al cammino spirituale di qualcuno, facendolo cadere in peccato e, soprattutto, portandolo alla perdita delle fede.
Non basta, allora, farsi piccoli; occorre non essere di scandalo ai piccoli
Occorre soprattutto accogliere i piccoli, metterli al primo posto.
Ricordiamo la parabola del giudizio (Mt.25,31-46). Il piccolo è il bisognoso: è l’assetato, l’affamato,, l’ignudo, il prigioniero, l’emarginato, l’immigrato. .
Gesù li chiama miei fratelli (Mt.25,40): sono i membri della sua comunità, trascurati, deboli, ritenuti insignificanti, disprezzati..
3) C’è poi il terzo detto: guai al mondo per gli scandali! ( v.7).
Gesù continua e dice: se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo , gettalo via da te; è meglio entrare nella vita monco o zoppo che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno(v.8)
Sono parole che ci fanno paura .. Gesù conclude ritornando sul tema dei piccoli: guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli vedono sempre la faccia del Padre … (v.10). I piccoli, attraverso i loro angeli, vedono Dio e si riflette sul loro volto, qualcosa della gloria di Dio.
Quale messaggio per noi? La legge del Regno.
Gesù dà tanto rilievo ai bambini, ma non ce li fa immaginare, come pensiamo oggi, semplici, teneri, docili, obbedienti, al centro della famiglia, oggetto di cura .. I bambini nell’antichità non valevano niente, non avevano alcun diritto, al punto che il padre poteva togliere la vita al suo piccolo.
Gesù, allora, dicendo di diventare come bambini ci esorta a convertirci facendoci come coloro che non contano, che non sanno difendersi, non sanno offendere, non hanno denaro, né potere, né forza fisica.
Questo è il paradosso di Gesù per la sua comunità: solo chi accetta di rovesciare le misure di valore del mondo: denaro, potere, successo, piacere, il contare molto, sarà grande nel Regno.
La grande legge del Regno è il rovesciamento dei valori: ciò che sembra valore di fronte agli occhi del mondo, non vale niente di fronte a Gesù, per il quale valgono i poveri, i piccoli, i perseguitati, gli umili. Gesù stesso si fa povero, (non ha una pietra dove posare il capo Lc. 9,58)), piccolo, umile ed è perseguitato.
Non si può entrare nel Regno con i criteri del mondo.
La comunità cristiana non può agire come se i piccoli non esistono.
È a partire da loro che la vita della comunità va costruita e deve crescere, deve portare il Vangelo a tutti fino agli estremi confini della terra.
Gesù ha raggiunto tutti non orizzontalmente, ma andando in profondità, fino a solidarizzare con l’ultimo degli uomini, e da quel punto, dal basso, ha visto e amato tutti gli altri.
Solidarizzare con gli ultimi, con i piccoli non significa fermarsi a loro, ma partire da loro. Gesù ci insegna a guardare il mondo partendo dal mondo più povero. Per valutare correttamente una situazione, o un problema, occorre anzitutto scegliere il punto di osservazione più adatto.
Se la chiesa, se la comunità cristiana, guarda il mondo dal punto di vista della parte ricca, lo vede capovolto rispetto alla realtà. La chiesa, la comunità cristiana deve guardarlo, come ha fatto Gesù, cioè a partire dalla sua parte più povera. Occorre andare in fondo alla fila, se ci si vuole accorgere come è fatta.
Se la chiesa cammina davanti, vede i più forti, i sani e non si accorge di quelli che si perdono lungo la strada.
La comunità cristiana non è una comunità di “campioni”, di “bravi”, di coloro che si pensano giusti, che arrivano un quarto d’ora prima al traguardo della gloria di Dio, ma una comunità capace di arrivare un quarto d’ora dopo, ma insieme a tutti. ( B. Maggioni)
Un aiuto alla preghiera
Il più piccolo, nel Regno, cioè il più grande è Gesù umile, povero, perseguitato: chi lo segue sarà come Lui, sarà il più grande e sarà la rivelazione, il racconto del Dio che si è fatto piccolo per i piccoli. Il nostro sguardo, allora, deve fissarsi su di Lui per imparare da Lui, per imitare Lui, seguire Lui.
* Come la nostra comunità coltiva una visione evangelica che rovescia i valori della mentalità del mondo? Dove invece si lascia guidare dai valori di questo mondo: denaro, potere, successo?
* Che posto hanno nella nostra comunità i deboli, i malati, i sofferenti, gli emarginati, gli immigrati, coloro che contano poco ?
* C’è qualche scandalo che la nostra comunità deve evitare ?
Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. … Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa... ( Papa Francesco)