La Chiesa: una folla che diventa Comunità

LA CHIESA: UNA FOLLA CHE DIVENTA COMUNITÀ
Riflessioni in preparazione alla scelta del nuovo Consiglio Pastorale

Molte volte nel Vangelo protagonista è la folla. Acclama chi vede come possibile salvatore, condanna in fretta chi anche superficialmente sembra colpevole, si assembra in modo incontrollato là dove trova curiosità o fama, si associa facilmente a giudizi sommari, ma comprende in modo semplice e profondo come vanno le cose della vita. La folla è sottoposta ai rischi buoni e meno buoni dell’essere anonima e del ragionare di istinto e così spesso non riesce a fare dei passi ordinati in avanti, ma procede a strappi, avanti e indietro, in maniera incontrollata e improvvisa.

Nel brano della moltiplicazione dei pani secondo Marco (6, 30-44), Gesù ha compassione della folla e la prima cosa che chiede ai discepoli è di dividere la folla in gruppi di cento e di cinquanta, per poi rendere tutti responsabili della mancanza di pane ed educare tutti alla condivisione, perché tutti siano sfamati, nessuno escluso. Chiamando i discepoli e annunciando insieme a loro il Regno di Dio presente e operante, Gesù agisce perché la folla di gente bisognosa diventi una comunità: passi dall’essere una folla di individui alla ricerca di una soluzione facile e veloce ai propri problemi, assoluti solo perché propri, all’essere una comunità che cammina insieme e insieme si organizza per risolvere i problemi che tutti abbiamo, a turno, e che caratterizzano il nostro vivere umano, personale e comunitario.

Anche la folla dei nostri giorni manifesta per i diritti umani, per i morti in guerra e per la salvaguardia dell’ambiente, acclama e sostiene i giusti e i martiri facilmente dopo che sono morti, ma allo stesso tempo non fa fatica a seguire e appoggiare chi fa i suoi interessi di parte, chi promette e sembra attuare percorsi facili e comodi che ci illudono di una vita senza fatica o a sostenere chi alza la voce contro tutti per se stesso o seduce con promesse ben annunciate, grazie alla forza economica della sua comunicazione.

“Un mondo migliore è possibile” quando gli uomini e le donne di buona volontà, pochi o tanti importa relativamente, sceglieranno consapevolmente la logica della comunità che si prende cura, lasciando da parte la logica della folla che cerca con affanno solo per sé. La comunità nasce quando, passandoci accanto gli uni gli altri, ci riconosciamo, ci accogliamo, ci salutiamo e vediamo il volto e il nome dell’altro, chiunque sia, come prezioso per noi e per tutti. La comunità è il frutto maturo di un clima familiare nelle relazioni e di un dialogo costruttivo per un cammino comune, che dia a tutti la possibilità di respirare aria buona, mentre la fatica delle responsabilità e dell’edificazione del bene fa mancare un po’ di fiato.

Tutti ne abbiamo bisogno e la Chiesa è chiamata in prima linea a non tirarsi indietro. Se oggi dovessi indicare qual è il primo compito a cui il Signore chiama la nostra Comunità, insieme alle altre Chiese sorelle del nostro territorio, penserei proprio a questo. E se oggi dovessi dire al futuro consiglio pastorale di cosa si deve occupare, farei riferimento proprio a questo: pregare, ragionare insieme, inventare iniziative, favorire momenti di incontro e di ascolto reciproco, perché la folla di chi abita tra noi diventi una comunità, simile alla Comunità che il Signore ha costruito quel giorno, in quel deserto, quando ha moltiplicato i pani per i cinquemila.

Con affetto.

don Fabio