EDUCARE È VIVERE E INSEGNARE IL SENSO DEL LIMITE
Circolare 9 luglio 2023
A margine delle molte parole spese in questi giorni sulla cosiddetta emergenza educativa, esprimo qualche mio pensiero, come sempre senza voler insegnare niente a nessuno, ma comunicando a partire dal desiderio che da sempre ho di fare il possibile perché i ragazzi possano crescere insieme in un clima di educazione umana e cristiana.
A mio parere, la vera emergenza nasce quando noi adulti rimandiamo le nostre responsabilità di educatori dei ragazzi, di esempi possibili di una vita buona, onesta e rispettosa nei confronti degli altri, della società e dell’ambiente in genere.
Quando nei luoghi di vita in cui stanno i nostri ragazzi non ci sono punti di riferimento, perché si può fare tutto, si può ottenere tutto (basta avere i soldi), è lecito prendersi tutte le libertà, perché essere liberi è godere di spazi, emozioni, persone che ci danno la sensazione di essere noi al centro del mondo, anche solo per un attimo, la soglia del rispetto reciproco cala progressivamente e, di conseguenza, gli altri e il mondo diventano sempre di più e ad ogni costo, oggetti a servizio del proprio piacere immediato. La violenza nasce dalla frustrazione di non poter ottenere tutto subito e dal non riuscire a capire perché questo non deve essere possibile.
Per questo motivo, secondo me, occorre che noi adulti, in particolare chi ha responsabilità educative e chi ha scelto di mettere al centro della propria vita un progetto di amore reciproco come è la famiglia, ci educhiamo al senso del limite. Scegliere di non avere tutto per forza, decidere di non fare tutte le esperienze possibili nella vita, affrontare le fatiche quotidiane con il desiderio di imparare sempre qualcosa di nuovo dalla vita e non con la frustrazione interiore di chi vuole sempre un’altra vita, è educarsi al senso del limite. Tali atteggiamenti ci aiutano ad essere liberi dalla paura di non avere abbastanza per vivere, di perdere chi ci ama, di fallire come genitori ed educatori e ci aiutano a vivere il nostro limite come un aiuto sereno a fare sempre tutto il possibile per il bene, sapendo che Signore della vita e della storia nostra e di tutti è Dio, che ci ha creato per amore e con amore veglia sempre su di noi, conoscendo la nostra debolezza.
I nostri ragazzi hanno bisogno di chi sia contento di stare con loro e di litigare per amore con loro, se necessario, perché quando ad ogni litigio segue il perdono e l’incoraggiamento a riprendere insieme la strada impegnativa della vita, impareremo insieme a stare nelle nostre debolezze e ad accoglierle come un dono prezioso che serenamente ci fa affrontare ciò che ci sembra più grande di noi.
A noi spetta per amore dare loro meno cose e più tempo, meno complimenti e più incoraggiamenti, meno vita comoda che ci rende apparentemente sicuri e più attenta vigilanza sul loro stile di vita, meno attese nostre sui loro risultati e più libertà nell’accogliere le loro contraddizioni. Il Signore non ci farà mancare nessun aiuto e ci illuminerà volta per volta sui passi da fare.
A livello comunitario e pubblico, invece, la mia opinione è che soprattutto le famiglie vadano sostenute, non solo con i vari bonus che sono utili, ma episodici, ma anche con:
- una profonda riforma del mondo del lavoro, che sostituisca la centralità del profitto ad ogni costo con la centralità della persona, nella costruzione di un clima vivibile negli uffici e negli ambienti di lavoro. Abbiamo sul nostro territorio testimonianze consolidate negli anni che da cristiani questo è possibile;
- la collaborazione reciproca delle agenzie educative che animano a vario titolo la vita dei ragazzi. Sul nostro territorio ci proviamo, ma qualche passo in più per rendere effettive le buone intenzioni e aiutare insieme maggiormente le famiglie è possibile e auspicabile;
- un passo indietro comunitario nel tenore generale della vita. Forse siamo tutti un po’ troppo assuefatti alla logica del consumo e non del risparmio. Gioire delle possibilità che abbiamo, senza affannarsi troppo nella ricerca di una perfezione e di una felicità impossibili, che soprattutto non tiene conto di chi non ha il necessario, aiuterebbe moltissimo i ragazzi a vivere contenti di quello che sono, cercando il meglio, tenendo conto degli altri e non solo di se stessi.
In questo noi cristiani siamo chiamati ad essere in prima fila, per il bene di tutti, con la fiducia in Colui a cui tutto è possibile e che con la forza dell’amore ha vinto anche la morte.
Fraternamente,
don Fabio